Sono nato e cresciuto in questo pezzetto di mondo, qui ho percorso un numero infinito di passi.
Se chiudo gli occhi posso vedere con definizione precisa il gradino che separa il vicolo a destra dalla strada che sale leggermente verso sinistra, l’angolo della casa dei “Gemelli”, il muro nuovo del “Dottore”, l’oleandro sulla curva, il cancellino del “Carabiniere”, il giardino della “Santina” che ora è un bosco ... Posso immaginare il luogo ... ma ogni immagine fa riferimento ad un nome, un volto, un dialogo.
Questo pensiero mi ha portato a voler trovare un modo che fosse esperienza e racconto allo stesso tempo.
Il mio progetto nasce da qui.
Trovare del tempo da trascorrere con coloro che definiamo “vicini”, ma che sempre più spesso vicini non sono. Conosciamo il nome o il cognome a volte, conosciamo l’auto perché magari quel tal giorno che avevamo fretta ci ha soffiato il parcheggio, conosciamo la voce perché magari tra un pensiero e un impegno abbiamo accennato un “ciao” e ne abbiamo avuto una eco di ritorno. Ma chi sono i miei Vicini?
Una situazione così naturale e semplice come trascorrere del tempo insieme ad una persona che abita nel rag- gio di cento metri da casa tua oggi può diventare un gesto complesso. Come approcciarsi? Ci vuole una buona motivazione per invadere lo spazio privato, per aiutare la nostra fiducia a far crollare le strutture di cemento arma- to che si è costruita attorno.
All’inizio ho aspettato più di un mese prima di decidermi ad “andare” ... poi è successo che il gesto meditato, studiato e meticolosamente progettato si è compiuto con un goffo “Posso venire a trovarti?”.
Ciò che rende i miei vicini lontani sono in primo luogo io stesso, con i miei timori, le mie paure, le mie rigidità e preconcetti. Dopo quel primo “Posso venire a trovarti?” ne sono seguiti altri con risposte positive o negative, ma più chiedevo e più il mio spirito diventava libero, come in un allenamento.
L’allenamento all’Altro.
Trascorrere del tempo nell’ascoltare, nel raccontarsi, nell’osservare, nel sentirsi accolto, e nell’accogliere.
Nel progetto ci sono dei volti, ci sono degli sguardi, una piccola sintesi di ciò che è il mondo: una cellula di mondo. Questa cellula è replicabile, ogni volta diversa e ogni volta uguale.
Racconti di vita che si srotolano perchè si ha avuto il coraggio della relazione.
Ho rubato in un istante un ritratto.
In un istante mi è stato donato un universo.